MI LEGGI UNA STORIA?


ALLA RICERCA DELLA FELICITA’ (Cristian Zulli)
Questa è la storia di un bambino e del suo palloncino. 
Correva sul prato il bambino divertito, strattonando per un filo il palloncino indispettito.
Il bimbo felice non si accorgeva, che al palloncino quel gioco proprio non piaceva. Ad un tratto decise, come ha fatto non si sa: 
“scapperò via a cercar la felicità.”
Ora nell’ aria voleva volare, ogni angolo del mondo voleva esplorare.
Il suo desiderio era viaggiare in libertà sopra i tetti di ogni città.
Ha da poco iniziato il suo viaggio il palloncino che subito incontra un uccellino. E’ una bella rondinella, sembra stanca poverella!
“Posso aiutarti?” Le chiese il palloncino.
“Ti accompagno io, reggiti al mio codino!”
“E’ da giorni che viaggio, son debole e affamata, 
per il tuo prezioso aiuto ti sarei molto grata!”
Pesava troppo aimè l’uccellino per il delicato palloncino.
“Non riesco più a volare, rischiamo quasi di precipitare.
Mi dispiace amica mia, devi lasciarmi andare via.”
Riprende il suo viaggio il palloncino con coraggio,
vola, salta, gioca e fa capriole alla ricerca di avventure ed emozioni nuove.
Ma giunge la sera e stanco ormai di volare, sui rami di un grande albero vuol riposare.
“Rimarrò qui aggrappato fino al nuovo mattino, quando riprenderò felice il cammino”.
Il sole sorrise portando luce e colore, donando a tutti il buon umore.
 “Cosa succede? Son rimasto incastrato! Al ramo il mio codino si è annodato! 
Che guaio, son perso, chi mai mi aiuterà a recuperare la libertà?”
Si dimena, si sbatte rischiando anche il botto, 
l’entusiasmo e il sorriso dal pianto è ormai rotto.
Ma dopo molti giorni di tristezza e tormento, 
cominciò ad accarezzarlo un delicato e fresco vento.
Non tutto forse è perso e ritrovando la speranza,
“soffia vento” disse “soffia con tutta la tua forza”.
E sbuffò e soffiò, e soffiò e sbuffò, il vento alla fine il palloncino liberò.
“Corri” gli disse, “corri vola e vai, ma fa attenzione palloncino a non finire più nei guai”!
Per le disavventure e il grande spavento ecco ciò che comprese da quel momento:
“E’ bello viaggiare, esplorare ed imparare. E’ bello giocare, correre, volare.
Ma la mia vera gioia”, disse il palloncino, “ è donare il sorriso a quel dolce bambino.

LA STORIA DI ELMER (David McKee)
C'era una volta un branco di elefanti, tutti dello stesso colore. Tutti, all'infuori di Elmer
Elmer era diverso, Elmer era multicolore. 
Elmer era giallo, arancione, rosso, rosa, porpora, blu, verde, bianco e nero.  
Elmer non era color elefante. Dovunque ci fosse un sorriso, era Elmer che l'aveva acceso. Una notte, Elmer ebbe un pensiero sciocco: era stanco di essere diverso. 
Così si allontanò nella giungla, si rotolò nel fango fino a far sparire ogni traccia di colore: alla fine, Elmer sembrava un qualsiasi elefante color elefante. 
L'intero branco era triste, perché Elmer non si vedeva più in giro, ma alla fine tutti lo riconobbero per la sua inconfondibile risata.
Poi la pioggia lavò via il fango ed Elmer tornò multicolore. 
Allora gli elefanti furono ancora più felici e decisero di festeggiare quel giorno ogni anno. In quel giorno, tutti gli elefanti si tingono con i colori di Elmer, mentre Elmer si fa color elefante.

IL BRUCO CHE IMPARO' A RUGGIRE (Michael Lawrence)
Ci sono bruchi che da grandi vogliono diventare falene,
e ci sono bruchi che da grandi vogliono diventare farfalle.
Ma Ugo voleva essere un leone.
Ogni mattina quando si svegliava, si guardava allo specchio
per vedere se assomigliava a un leone. 
Si allungava e si rizzava per sembrare più alto. Arruffava la criniera immaginaria. 
Faceva vibrare i baffi immaginari. Agitava la coda immaginaria.
Così cominciò a esercitarsi a ruggire.
All'inizio il suo ruggito assolmigliava più a uno squittio.
E dopo allenamenti e allenamenti, il suo ruggito cominciò ad assomigliare
a un flebile, piccolo brontolio.
Ugo decise di far sentire il suo ruggito ai vicini.
Poco distante sedeva Scheggia la lumaca. Ugo le si avvicinò e ruggì.
"Che verso buffo per un bruco" disse Scheggia.
"Non sono un bruco" le disse Ugo. "Io sono un leone".
Scheggia sorrise. "No, no" disse. "Tu no. Avrei paura di te, se tu fossi un leone".
Poi incontrò Oscar il ragno, che sonnecchiava pigramente al sole.
Ugo ruggì. Oscar aggrottò la fronte.
"Ti senti bene, Ugo? Non ho mai sentito un bruco fare un verso come quello".
"Non sono un bruco" disse Ugo. "Io sono un leone".
Oscar e la ragnatela vibrarono per il gran ridere.
"E' la cosa più divertente che abbia sentito oggi. 
Tu non sei un leone, ragazzo mio.
Avrei paura di te, se tu fossi un leone".
Ugo riprese il cammino esercitandosi nei suoi piccoli ruggiti,
e incontrò Rubi la tartaruga che tornava da fare la spesa.
Aveva impiegato tre giorni a percorrere la strada del ritorno ed era molto, molto stanca.
Ugo ruggì. "Io sono un leone" disse tutto orgoglioso.
"Oh, è questo che sei adesso?" disse Rubi.
"Bè, tutto quello che posso dirti è che non sei un leone.
Avrei paura di te, se tu fossi un leone".
Ugo alzò gli occhi per guardare i fiori, in alto sopra la sua testa.
"Se fossi un leone" disse "sarei il più grande e grosso di tutti".
Andò asedersi sulla riva del fiume e fissò la propria immagine riflessa sull'acqua limpida.
Sperava di vedere un possente leone, ma tutto ciò che vide fu un piccolo bruco.
"Non è giusto!" brontolò. "Un leone pùò essere un leone, perchè io no?".
Sotto la superficie dell'acqua, Ferdinando il pesce stava preparando la cena.
D'un tratto notò qualcosa che si muoveva sopra la sua testa.
Attraverso le increspature dell'acqua Ferdinando vide un'enorme creatura spaventosa
che faceva vibrare i lunghi baffi, arruffava la criniera, agitava la coda.
E poi udì un fragoroso, tremendo ruggito.
"Un leone!" gridò Ferdinando spaventato, e guizzò via più veloce che potè.
Ugo inorridì. "Torna indietro Ferdinando!" gridò. "Sono io, Ugo. Non sono un leone vero!" Ma ormai era troppo tardi. Ferdinando era fuggito.
Tornando a casa, Ugo ripensò a quello che era successo al fiume.
"Se io fossi un leone" disse tra sè "tutti fuggirebbero lontano da me.
Non si fermerebbero nemmeno per dirmi buongiorno."
E quella notte, mentre si preparava a dormire, pensò: "Sono contento di essere un bruco".

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